Al Teatro Antico
di Taormina
un “Rigoletto”
made in Sicily

Il tenore Marcello Giordani, direttore artistico del Sesto Senso Opera Festival, inaugura la prima stagione lirica a Taormina con il “Rigoletto” di Giuseppe Verdi e un cast d’interpreti quasi del tutto siciliano

Descritto dallo stesso Verdi come un personaggio controverso “esternamente ridicolo, e internamente appassionato”, Rigoletto vive due vite: quella triviale ed eccessiva della corte nella quale è un brutale buffone e quella segreta di padre amorevole. E’indubbiamente una delle figure maschili più complesse della cosiddetta trilogia popolare, sebbene questo profondo amore filiale di cui si nutre lo ritroviamo, intessuto di valori borghesi, anche in Giorgio Germont ne ”La traviata”. Rigoletto, nonostante la deformità del corpo, è un uomo scaltro, attento alle logiche, vinto soltanto dalla maledizione scagliatagli da un padre la cui figlia è stata sedotta con l’inganno dal Duca di Mantova. Il debutto, dunque, del Sesto Senso Opera Festival è segnato da una delle opere verdiane che meglio indaga l’animo umano, con i suoi personaggi imprevedibili e un’azione drammaturgica concitata.

LA REGIA. La storia è ambientata, come da libretto, nel XVI secolo all’interno della corte di Mantova, riprodotta con una scenografia perfettamente integrata con la cornice naturale del Teatro Antico, con archi a tutto sesto coperti da drappi rossi sullo sfondo e da due torrette laterali, utilizzate per riprodurre le diverse ambientazioni. Bruno Torrisi punta su una regia essenziale senza particolari stravolgimenti o slanci creativi; l’unico azzardo è la presenza all’inizio di tre figure incappucciate che durante l’ouverture portano via il sacco contenente il corpo di Gilda. Una scelta poco chiara poiché non riappariranno più in scena e soprattutto alla luce del fatto che la presenza della morte non alleggia sul destino di Gilda dall’inizio, come accade per Violetta sulla quale grava il peso della malattia fin dal primo atto, ma la giovane sceglie di morire per salvare il Duca, tenendo fede al suo amore. Anche se in maniera tradizionale, è stato reso molto bene il quartetto del terzo atto, mettendo in evidenza con le luci, fredde da una parte e calda dall’altra, i diversi stati emotivi delle due coppie: il dolore che Gilda prova nel momento in cui il padre la costringe a prendere consapevolezza della vera natura del Duca e l’indole libertina dell’uomo intento a sedurre Maddalena. Preziosi i costumi, ricchi di velluti, inserti dorati e broccati, nei quali però manca un’attenzione per il dettaglio, in particolare per le calzature troppo moderne. Il costume di Gilda nel primo atto è molto pesante e non agevola i movimenti, inoltre, la scelta del busto lungo e incrociato dietro non è inerente al contesto storico nel quale la vita era sottolineata in maniera naturale.

DIREZIONE E CANTANTI. Il Maestro Angelo Gabrielli ha diretto con un buon piglio la Medisonus Orchestra, anche se il primo atto è stato maggiormente frammentato e dilatato rispetto agli altri due, nel complesso ha puntato su un suono ricercato e morbido sempre a servizio degli interpreti. Il personaggio eponimo ha visto l’interpretazione del baritono Giovanni Meoni, il quale dopo un inizio sottotono si è ripreso magnificamente dal secondo atto in poi. La carenza maggiore si è avvertita non tanto dal punto di vista vocale quanto da quello interpretativo, dove mancava l’atrocità del giullare, il dualismo caratteriale che permette di far risaltare l’affetto paterno e la costruzione di un’immagine forte di Rigoletto. Il soprano palermitano Desirèe Rancatore, nonostante all’inizio fosse stata annunciata una tracheite, è stata un’ottima Gilda. Ha una grande padronanza del proprio mezzo ed ha sfoggiato molti virtuosismi, come in “Caro nome”, nella cui esecuzione non ha fatto mancare colorature e acuti a mezza voce. Forte dell’esperienza ha restituito carattere, audacia e passionalità a Gilda allontanandola dal classico cliché che la vuole timida e riservata. Grande potenziale per il tenore Raffaele Abete nei panni del Duca di Mantova, il quale però è ancora tecnicamente molto acerbo; anche in questo caso all’inizio la voce era flebile e anche il volume scarso poi la è subentrata la ripresa. Sicuro di sé il basso Dario Russo, che grazie a un’irreprensibile esecuzione ha restituito un fosco Sparafucile, mentre il mezzosoprano Agostina Smimmero (Maddalena) è una spietata ammaliatrice dalla voce profonda. Bene sia il coro di voci maschili sia i restanti interpreti: Gaetano Triscari è il Conte di Monterone, Giovanni Guagliardo il possente Marullo, Riccardo Palazzo veste i panni del cinico Borsa. E ancora, il piacevole timbro di Sabrina Messina che si presta alla perfezione per la Contessa di Ceprano e per Giovanna, sebbene poco credibile nell’interpretazione di quest’ultima per una questione anagrafica, last but not least Gianni Giuga (Conte di Ceprano), Noemi Muschetti (paggio) e Marco Zarbato (usciere).

Nel complesso la promessa fatta da Giordani di realizzare una messa in scena di qualità è stata mantenuta, siamo sicuri che nel tempo il Sesto Senso Opera Festival non potrà che crescere magari affermandosi come una grande realtà nell’isola, alla stregua di altre importanti manifestazioni, sempre forte del principio di investire in artisti, musicisti e maestranze siciliane.

 

 

 

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