Andare o restare? Ecco dove vedono il loro futuro i ragazzi della “Generazione 18”

Il 19,3% dei nostri intervistati vede il proprio futuro in Sicilia, il 34% in Italia, il 38,7% in un Paese europeo e l’8% in uno extra europeo

Sono solo 150 risposte, certo. Una piccola goccia nell’oceano dei giovani siciliani che hanno dai 17 ai 20 anni e che proprio in questo momento sognano il futuro, e lo stanno costruendo giorno dopo giorno a scuola e all’università, qualcuno persino a lavoro. Scrivono prevalentemente dalla Sicilia e sono perlopiù fanciulle. Sono ragazzi e ragazze che desiderano mettersi uno zaino in spalle e partire alla scoperta del mondo, formarsi fuori e importare le competenze acquisite a casa, realizzare qualcosa di buono in questa terra che fa di tutto per scoraggiarli e mandarli a El Dorado. Che sia Londra, Milano, l’America o l’Australia. Il 19,3% vede il proprio futuro in Sicilia, il 34% in Italia, il 38,7% in un Paese europeo e l’8% in uno extra europeo. Occhio a non farsi ingannare, però. Se a vista d’occhio sembra l’Europa ad avere la meglio, facendo due conti si arriva dritti alla verità. La maggior parte dei rappresentanti della Generazione 18 che hanno risposto all’inchiesta proposta da Sicilian Post nutre la speranza di poter restare in Italia e migliorare le prospettive di questo Paese, nonostante sia consapevole che «l’estero potrebbe offrire molto di più».

Andare. C’è chi ripudia la Sicilia e chi è costretto a lasciarla perché le «prospettive non sono rosee», chi si accanisce contro i politici e chi vuole evadere da un’isola che non offre nulla, né lavoro (soprattutto «originale») né spazio per i sogni. Ma anche da un’Italia in cui «le possibilità di un futuro stabile sono sempre meno», dove «non ci sono opportunità lavorative per i giovani e si viene solo sfruttati», «crescere è difficile» e molti ragazzi non riescono a immaginare la propria vita. «Non mi identifico nella Sicilia e spero di fuggire in Italia o all’estero», scrive uno studente, «Oggi purtroppo bisogna puntare in alto e la Sicilia rispetto a Roma o Milano è ancora molto indietro», aggiunge un altro, «Non voglio rimanere qui perché non ho alcuna possibilità di diventare qualcuno, mentre all’estero ci riuscirei tranquillamente», risponde un altro ancora. «L’Italia si sta autodistruggendo e preferisco andare in Germania, dove le industrie funzionano bene, e tornare, forse, quando ci sarà un colpo di Stato», infierisce uno dei più accaniti, che potrebbe andare d’accordo con chi scrive che «fuori sei valutato per il tuo potenziale, invece in Italia si va avanti solo con la raccomandazione», con chi, addirittura, vorrebbe trasferirsi su Marte e con chi non ha intenzione di garantire ai figli «una vita in un Paese che ormai non è più nostro».

Restare. Ma, per fortuna, c’è anche un gruppo sostanzioso che ama questa terra, che confida in lei e che non ritiene necessario lasciarla per costruirsi un futuro. Anzi, è forte il desiderio di valorizzarla con il proprio contributo, di sottrarla «ai potenti», di riuscire a sfruttarne le opportunità affrontando i problemi invece di «cullarsi sul fatto che non c’è lavoro». «È la nostra terra, la nostra casa, la amiamo nonostante tutto e vogliamo rimanere qua per combattere con lei e per lei», dicono i molti che sostengono la filosofia che «Fuggire non è la soluzione ai problemi». «Non voglio morire senza aver raggiunto i miei obiettivi in Sicilia, avendo però a che fare con gente dalle larghe prospettive, magari stranieri», commenta una studentessa, convinta come tanti suoi coetanei che la Sicilia «potrebbe dare molto ai cittadini dal punto di vista sociale, culturale ed economico». «Credo – viene sottolineato in un’altra risposta – che ci siano anche qui delle opportunità per persone capaci e motivate ed è inutile continuare a criticare la nostra terra, denigrarla, massacrarla. Conosco i difetti della mia Sicilia, ma la amo infinitamente. E ciò mi spinge e spingerà (almeno spero) a cercare di rinnovarla, pulirla, guarirla».

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Sono cresciuta in una famiglia di giornalisti e ho avuto quindi la possibilità, fin da piccola, di stare a contatto con giornali e studi televisivi, mentre pian piano maturavo l'idea di percorrere le orme dei miei genitori e intraprendere quella strada, di certo oggi più tortuosa, ma sempre affascinante. Così, quando è arrivato il momento di scegliere l'Università da frequentare, non ho avuto dubbi: sarei stata una studentessa del corso di Laurea in Scienze della Comunicazione nella mia città, che amo immensamente, a cui è seguito il biennio di specialistica in Comunicazione della Cultura e dello Spettacolo. Inutile dire che non mi sono mai pentita della mia scelta, apprezzando giorno dopo giorno, anno dopo anno, la comunicazione, il giornalismo e l'organizzazione di eventi legati a questi ambiti, approfonditi anche tramite esperienze lavorative in Fondazioni d'arte, librerie, Festival culturali. Insomma, non so proprio stare con le mani in mano! Sono curiosa di ciò che mi circonda e mi nutro delle storie delle persone con cui entro in contatto, probabilmente deformazione professionale.

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