Come sta cambiando l’informazione religiosa? Editoria e nuovi media: sfide e opportunità
Don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana: «L’editoria religiosa è in crescita, ma al contempo sui giornali comandano spesso sono i luoghi comuni»
Com’è cambiato negli ultimi anni il mondo dell’editoria e dell’informazione religiosa? In un periodo storico in cui il circolare vertiginoso di notizie – non sempre esatte e verificate – pone sempre più il rischio di uno scontro tra verità e disinformazione, come si fa raccontare una dimensione religiosa in continuo fermento? Papa Francesco si è presentato come il vescovo di Roma che “viene dalla fine del mondo”, conquistando la società globale con la sua straordinaria capacità comunicativa, attraverso il web e i soli 140 caratteri di un tweet; con quali mezzi, allora, il Vaticano vigila sull’interpretazione del lavoro e dei messaggi del Pontefice? E ancora, volgendo lo sguardo al di là del solo mondo cattolico, quali sono le responsabilità dei mezzi d’informazione sulla percezione dell’Islam? In che modo è possibile non alimentare l’equazione islamico-terrorista?
Su questi temi hanno ragionato gli ospiti dell’incontro “Informazione e cultura religiose”, organizzato lo scorso giovedì al Monastero dei Benedettini di Catania da Maria Lombardo (docente di Giornalismo Culturale del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università etnea). Tra questi l’ospite più atteso è stato Don Giuseppe Costa, direttore delle “Librerie Edizioni Vaticane”, che in passato è stato anche docente presso l’ateneo catanese.
LA RIVOLUZIONE DI PAPA FRANCESCO E I NUOVI MEDIA. «Già a partire dal Concilio Vaticano II – ha spiegato don Costa – la Chiesa ha fatto molti passi avanti nel mondo della comunicazione. Oggi Papa Francesco si affida ai nuovi media, come Twitter, per essere in contatto con la gente ma ciò lo espone al rischio di strumentalizzazioni, l’attività della Libreria Editrice Vaticana (Lev) in questo senso lo tutela». La casa editrice, nata ufficialmente nel 1926, si pone infatti come una fonte ufficiale vaticana, pubblicando dal 2005 tutti i testi dei pontefici. Oggi a fianco di questa attività la Lev propone anche un catalogo vasto con testi che approfondiscono vari aspetti del mondo religioso. «A discapito della tendenza generale – continua don Costa – l’editoria religiosa è in crescita. Recentemente mi sono recato a Los Angeles per promuovere il diritto d’autore del Papa e ho potuto constatare la partecipazione di circa trentamila giovani fedeli, lontanissimi dal cattolicesimo bigotto, che hanno dimostrato interesse vivo per l’argomento». Durante la mattinata di lavori la comunicazione di Papa Francesco è stata anche al centro dell’intervento del prof. Salvatore Claudio Sgroi (Università di Catania).
LA FIGURA DEL VATICANISTA. «Oggi nei giornali – ha spiegato ancora don Costa – ci troviamo di fronte a un’informazione religiosa molto ampia ma spesso schiacciata dalla cronaca». Questa riflessione è stata spunto per l’intervento di Arianna Rotondo (Docente di Storia della chiesa contemporanea dell’Università di Catania) che ha posto l’accento sulla ideologizzazione di certe notizie da parte di alcuni giornalisti che tentano di rimarcare una falsa laicità. «La Chiesa cattolica – ha spiegato – vuole dare un’immagine unitaria di sé e quindi qualsiasi spaccatura fa notizia». Inoltre, secondo la Rotondo, alle gerarchie ecclesiastiche viene spesso applicato un linguaggio politico quasi fuorviante. «Bisognerebbe – ha aggiunto – dare più spazio al pluralismo religioso e formare non buoni credenti ma cittadini coscienti».
IL RISCHIO DI UNA CATTIVA INFORMAZIONE. Sulle responsabilità dei media, don Costa mostra di avere le idee chiare: «Purtroppo le generalizzazioni sui giornali sono assai frequenti, ad esempio quando si parla dei preti pedofili. Qualcosa di simile avviene anche per l’Islam e il riferimento ai terroristi. I media hanno una grandissima responsabilità». A queste parole ha fatto eco l’appello dell’imam Mufid Abu Touq, che ha puntualizzato come tra i valori essenziali dell’Islam ci siano amare il prossimo senza distinzioni e l’importanza della comunicazione. «Il primo verso del Corano – ha spiegato – dice “Leggi”. La conoscenza scaccia l’ignoranza e combatte la diffidenza. Eppure i fatti politici internazionali hanno portato spesso, anche da parte della stampa, alla mistificazione della religione islamica. Io sono di origine palestinese e conosco la disinformazione con cui è trattata la questione israelo-palestinese. Lo stesso è successo in Afghanistan e sta accadendo in Siria e Libia con l’Isis. I musulmani sono 1.700.000.000 e non possono essere tutti accostati ai criminali». Sulle responsabilità dei giornalisti è poi intervenuto il segretario regionale di Assostampa Alberto Cicero: «Ci sono temi dell’informazione – ha spiegato – che meritano di essere ponderati e ragionati con dovizia di particolari. Il giornalista è un tuttologo, deve tradurre la realtà per la società».
ALCUNE SCOMMESSE PER IL FUTURO. Forse, come avanzato da Rossana Barcellona, professore associato di Storia del Cristianesimo e delle Chiese, il problema è la mancanza di «alfabetizzazione religiosa» già nella formazione scolastica. Don Giuseppe Costa e Mufid Abu Touq lo hanno confermato entrambi su fronti diversi. «La scuola – ha dichiarato il direttore della Lev – può fare molto nella direzione dell’approfondimento» e «L’islam – ha detto l’imam – raccomanda di curare il sapere dalla culla sino alla bara». In tale contesto acquista notevole rilevanza la proposta di un summer course sul dialogo interreligioso, annunciato dalla Direttrice del Dipartimento di Scienze Umanistiche Marina Paino: «Il nostro dipartimento è calato in un tessuto sociale e cittadino che vive di comunicazione tra culture diverse».