I quotidiani sono morti? Il giornalismo al tempo di internet all’incontro “L’isola digitale”

In che modo evolve il rapporto tra giovani e informazione? Come difendersi dalle fake news? Qual è il futuro del giornalismo? Di questi e altri temi si è discusso durante il secondo panel del dibattito “L’Isola digitale”

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]Q[/dropcap]uesta Sicilia sgangherata può fare grandi cose e questa serata ne è una dimostrazione tangibile». È una vera e propria Isola digitale quella che il 13 ottobre è stata raccontata nella splendida cornice dell’Anfiteatro Romano di Piazza Stesicoro a Catania. Lo svela fin da subito il titolo dell’evento organizzato da Sicilian Post, con la partnership di Ibam – Cnr (Istituto per i beni archeologici e monumentali, Consiglio Nazionale delle Ricerche), Scuola Superiore di Catania e Fondazione Domenico Sanfilippo Editore, di cui protagoniste assolute sono le storie e le testimonianze che ruotano attorno a giornalismo, giovani e futuro nell’era di internet.

Un’isola digitale dove è possibile animare un dibattito tra gli ospiti intervenuti di presenza e quelli che raccontano le loro esperienze in un video messaggio. Come il giornalista Domenico Quirico, che sottolinea l’esistenza di «storie che i giornali, scritti ancora come nel 1950, non raccontano» e che invece bisognerebbe inserire tra le pagine dei quotidiani «per aggiornarci, per provare a guardare le cose da angolazioni diverse, e invogliare così i lettori a leggerci».

Quei lettori che troppo spesso, oggi, vanno di fretta, raccolgono notizie confuse sul web e si perdono tra fake news, satira e titoli esca. Non tutti però. «C’è una fascia di lettori di età compresa tra i 24 e i 35 anni che ci segue e sosta sulle pagine del nostro giornale per un tempo mediamente più lungo dei giornali puramente di cronaca», osserva Giorgio Romeo, direttore di Sicilian Post e promotore dell’incontro. «Dobbiamo rimettere in discussione tutto, compreso ciò che abbiamo nostalgicamente amato, e cominciare a guardare le cose con gli occhi concreti dei giovani di oggi. Sul nostro sito, per esempio, si trovano anche grandi temi internazionali declinati in chiave siciliana e da oggi siamo online anche con la versione in inglese di Sicilian Post».

«Da circa un decennio, come giornalisti, stiamo attraversando una crisi che ha toccato la nostra identità e il nostro mestiere – interviene Giuseppe Di Fazio, Presidente della Fondazione Domenico Sanfilippo – Ma proprio da questa crisi dobbiamo ripartire per ripensare il nostro lavoro: scaricare sugli altri la responsabilità non serve, bisogna prendere l’iniziativa del cambiamento». Proprio come fa lui in prima persona da docente di Storia e tecniche del giornalismo al Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania. «Gli studenti – prosegue – non leggono i giornali, non sono informati su ciò che accade nel mondo e molti non hanno neanche la curiosità. Dobbiamo stare attenti alla nostra realtà, non fermarci in superficie ma andare a fondo nelle cose, per rendere un grande servizio ai nostri lettori e ai giovani» anche attraverso il recupero della memoria. «L’archivio storico del giornale La Sicilia, che ho il piacere di curare, ripercorre con un click settantadue anni di storia del nostro territorio attraverso due milioni di articoli. Un tesoro che non sapevamo come valorizzare fin quando non abbiamo pensato a un percorso didattico dedicato agli studenti».

«Non è vero che il nostro lavoro è diventato più sciatto e che mancano professionalità e passione – sottolinea Guido Tiberga, caporedattore de La Stampa e coordinatore del Macrodesk Cronache – È cambiato il modo di lavorare perché i lettori di oggi sono anziani che non hanno confidenza con internet o persone che hanno una vita culturale intensa, che non guardano Italia 1 o Canale 5, ma vanno al cinema e al teatro o a cercare le serie tv più cool al mondo su Netflix». Sembra andare verso l’approfondimento culturale, dunque, il futuro della carta stampata. Mentre il rischio legato a internet resta quello dell’attendibilità delle notizie.

«Ci sono tantissime realtà online ed è importante far sapere alle persone quali sono affidabili e quali no. Facebook, per esempio, non va considerato uno strumento di informazione, ma un raccoglitore di notizie vere e false. Bisogna avere gli strumenti per distinguerle».
E se da un lato i giovani di oggi grazie a internet sono molto più informati di quanto lo erano quelli di un tempo – costretti ad abbonarsi a riviste specializzate per approfondire una passione o un hobby – dall’altro resta il problema di far comprendere loro che i giornali forniscono anche notizie di ordinaria amministrazione. «Così come i miei figli non sapevano che gli autobus erano in sciopero e sono rimasti a piedi, se chiude il bar sotto casa e non lo sai non fai colazione», scherza Tiberga.

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Sono cresciuta in una famiglia di giornalisti e ho avuto quindi la possibilità, fin da piccola, di stare a contatto con giornali e studi televisivi, mentre pian piano maturavo l'idea di percorrere le orme dei miei genitori e intraprendere quella strada, di certo oggi più tortuosa, ma sempre affascinante. Così, quando è arrivato il momento di scegliere l'Università da frequentare, non ho avuto dubbi: sarei stata una studentessa del corso di Laurea in Scienze della Comunicazione nella mia città, che amo immensamente, a cui è seguito il biennio di specialistica in Comunicazione della Cultura e dello Spettacolo. Inutile dire che non mi sono mai pentita della mia scelta, apprezzando giorno dopo giorno, anno dopo anno, la comunicazione, il giornalismo e l'organizzazione di eventi legati a questi ambiti, approfonditi anche tramite esperienze lavorative in Fondazioni d'arte, librerie, Festival culturali. Insomma, non so proprio stare con le mani in mano! Sono curiosa di ciò che mi circonda e mi nutro delle storie delle persone con cui entro in contatto, probabilmente deformazione professionale.

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