«La Sicilia del futuro? Culturale e sostenibile, grazie alla sinergia tra pubblico e privato»

L’isola digitale è un ossimoro. L’isola è geograficamente separazione laddove il digitale crea connessione, due elementi che si bilanciano nel presente, si radicano nel passato e si proiettano nel futuro. Le tre dimensioni temporali, con grande attenzione alle prospettive future, sono state al centro della primo panel del dibattito organizzato da Sicilian Post (con il patrocinio della Fondazione Domenico Sanfilippo editore, della Scuola Superiore di Catania e dall’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali del Cnr) presso l’anfiteatro romano di Catania lo scorso venerdì 13 ottobre. Protagonisti della prima parte, incentrata sul tema “interpretare il cambiamento” e moderata da Barbara Mobilia, sono stati l’archeologo Antonino Mazzaglia (Ibam Cnr), l’ingegnere Fabrizio Garufi (co-fondatore di TechLab Works), il dott. Francesco Mannino (presidente di Officine Culturali) e l’ing. Simone Massaro (ceo di Bax Energy). Esperienze profondamente diverse quelle di questi quattro relatori, ma comuni nell’intento di creare un legame con il territorio circostante per dirigersi insieme verso il futuro.

L’ESPERIENZA DELL’IBAM ALL’ANFITEATRO. A ospitare l’evento è stato un luogo cardine per la comprensione archeologica della città antica, ma praticamente invisibile a gran parte dei cittadini catanesi: l’Anfiteatro Romano di piazza Stesicoro. La struttura, in gran parte sotterranea, è stata affidata in via temporanea al Ibam Cnr, che ha promosso negli ultimi anni alcuni eventi al suo interno. «L’operazione ha avuto il senso di restituire valore ad un sito monumentale che lo aveva perso – ha spiegato l’archeologo Antonino Mazzaglia – ma anche quello di compiere la nostra missione di ricerca. Il monumento pone ancora tante questioni, come la cronologia o il rapporto con le mura della città». Nel divulgare i risultati delle ricerche scientifiche entrano in gioco le tecnologie, come dimostra il modello 3D dell’Anfiteatro che illustra al grande pubblico come si presentava il “Colosseo” di Catania nel momento del suo massimo splendore. «Quest’esperienza – conclude Mazzaglia – dimostra che le possibilità per i giovani esistono, a patto di mettersi in gioco, scommettere su una formazione multidisciplinare e non solo umanistica o scientifica. È necessario contaminarsi».

L’UNIVERSITÀ COME VOLANO TRA FORMAZIONE E LAVORO. Una prospettiva interessante sulla formazione catanese e sul suo rapporto con il mondo del lavoro è stata quella offerta da Fabrizio Garufi, membro del CdA dell’Università di Catania e fondatore di TechLab Works. «L’Università può scegliere se rimanere chiusa nel suo ambito o divenire volano tra formazione e lavoro. A Catania vantiamo un’ottima formazione, ma registriamo l’assenza di un un solido legame con il territorio. Da questo punto di vista la Sicilia è storicamente indietro». Un gap che i giovani devono colmare con impegno e tenacia, la stessa che ha spinto Garufi e due suoi amici (Luigi Tummino e Alberto Cavallaro) a fondare nel 2009 la “TechLab Works”, un’azienda che propone soluzioni tecnologiche innovative in ambito medicale e della videosorveglianza. «Quando vidi il volto del primario illuminarsi durante la prima dimostrazione della nostra cartella clinica digitale ho pensato: ce l’abbiamo fatta. Poi però ho capito che per fare impresa, soprattutto in Sicilia, avere una buona idea è solo il primo passo da compiere. È necessaria molta perseveranza e spesso i risultati migliori si vedono quando si riesce a creare un equilibrio tra pubblico e privato».

Foto Danilo Pavone (Ibam / CNR)

I BENI CULTURALI COME BENI COMUNI. Buon esempio di connubio tra privato e pubblico è quello dato da “Officine Culturali”, l’associazione presieduta da Francesco Mannino: «Il nostro progetto – ha spiegato quest’ultimo – è nato nel 2009 dall’esigenza di favorire la fruizione del Monastero dei Benedettini di San Nicolò l’Arena di Catania offrendo al contempo una possibilità lavorativa concreta ai giovani laureandi, laureati e dottorandi di formazione umanistica». L’esperimento si è rivelato presto un successo e dai 500 visitatori sporadici degli inizi si arriva oggi a 30.000 visitatori accompagnati l’anno. I risultati, tuttavia, non sono solo quantitativi. «Tra i nostri obiettivi c’è quello di divulgare i risultati della ricerca, puntando soprattutto a quel pubblico tendenzialmente escluso da questa fruizione. Oggi la partecipazione culturale rientra tra gli indici utilizzati per misurare la qualità della vita di un Paese e in quest’ottica bisogna ripensare la valorizzazione dei beni culturali in riferimento alle comunità locali». Un settore in espansione quindi, che offre opportunità ai giovani almeno in due direzioni: quella dei cosiddetti “servizi aggiuntivi” (guide turistiche, addetti agli info point etc) e quella legata al concetto di “welfare culturale”, che trasforma i beni culturali in poli d’attrazione per investimenti privati.

NUOVE PROFESSIONI E LE CITTÀ DEL FUTURO. «Credo sia possibile condurre iniziative e investire sul nostro territorio, ma è importante pensare più in grande e soprattutto creare possibilità quando queste non ci sono». Quando parla di prospettive, Simone Massaro (ceo di “Bax Energy” e creatore del campus tecnologico “Free Mind Foundry” di Acireale) sottolinea come sia indispensabile guardare al futuro con lungimiranza. Dalla sua esperienza all’estero, come ingegnere alla Nasa e alla Disney, derivano alcune delle sue considerazioni. «Ho molta fiducia negli investimenti privati in ambito culturale, specie nei contesti in cui la parte pubblica non riesce ad ottenere gli stessi esiti. D’altronde il beneficio si ripercuote poi su tutta la collettività Oggi ci sono canali precisi per attrarre il turismo, che offrono nuovi sbocchi occupazionali per i giovani: attività come l’advertisment o la creazione di figure ad hoc per la promozione di una città possono generare indotti giganteschi con investimenti minuscoli». L’ultima riflessione, l’ingegnere l’ha dedicata alle città del futuro. «Qualsiasi investimento in infrastrutture che abbia un ritorno economico tra sette o dieci anni non ha senso. Città come Catania cambieranno radicalmente. Non saranno più inquinate e rumorose: le macchine saranno elettriche e si guideranno da sole, le strade saranno libere e i parcheggi vuoti, le persone si sposteranno liberamente e fruiranno gli spazi diversamente. Il momento giusto per rifletterci è adesso: il mondo sta cambiando, noi dobbiamo solo operare di conseguenza».

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