Non solo la “Fera o’ luni”
a piazza Carlo Alberto
le catacombe più antiche
della città di Catania
Tra le grida dei commercianti e la calca dei cittadini si nascondono all’interno della Chiesa di San Gaetano le cosiddette “grotte”, dove venivano seppelliti i martiri, tra questi anche Sant’Agata
Piazza Carlo Alberto a Catania è, da molto tempo, palcoscenico naturale di uno dei più grandi mercati cittadini. Odori intensi che sanno di genuino, colori vivaci, le grida dei commercianti fanno da padroni in questo ambiente così variegato. Il fermento dei cittadini che si accalcano nel tentativo di accaparrarsi il prodotto migliore lascia ancora con la bocca aperta i turisti che ben volentieri si godono lo spettacolo. Qualche bambino, in un interminabile slalom tra le gambe degli astanti, gioca con quello che magari, talvolta, cade dalle bancarelle dei venditori. Nessuno di loro, tuttavia, si sofferma a riflettere su quello che in realtà sta calpestando. Sotto il frenetico andirivieni che affolla la piazza si celano, infatti, le catacombe più antiche della città.
LE GROTTE– La Fera o’ luni, come viene chiamata dai Catanesi più avanti negli anni, si svolge quotidianamente sotto lo sguardo mistico ed austero del santuario dedicato alla B.V. Maria del Monte Carmelo. Il complesso architettonico dalla mole imponente mette, tuttavia, in secondo piano un piccolo edificio religioso che si erge sul versante destro di Piazza Carlo Alberto. Si tratta della Chiesa di San Gaetano alle Grotte. L’attento lettore dovrebbe già essere stato colpito dal nome stesso dell’edificio, sicuramente evocativo di una realtà non facilmente percepibile. Cosa si intende per “grotte”? E, soprattutto, dove sono? Di certo, chi si trovi ad attraversare il mercato non può farsi persuaso della loro collocazione. È, infatti, assolutamente necessario accedere alla chiesetta per scoprire un mondo che il traffico cittadino ha ormai sepolto. Nel bel bel mezzo dell’unica navata del tempio barocco di cui stiamo parlando, è presente una ripida scala che conduce il visitatore in un luogo molto particolare. Si tratta di una vera e propria grotta lavica, rivestita di opere d’arte e di suppellettili.
SANTA MARIA DI NAZARETH – Nel II Secolo d. C. la prima comunità cristiana catanese, fece propria una cisterna di epoca romana, ancora oggi visibile, facendo diventare la struttura attigua, in assoluta segretezza, il luogo principale dove seppellire i membri defunti della comunità e in particolare coloro che si erano distinti come martiri. La stessa Agata, riconosciuta come santa e divenuta poi patrona della città, pare che in origine fosse stata inumata proprio in questo luogo. Intorno al 262 d.C. fu eretta all’interno della grotta una tra le prime chiese del capoluogo etneo, probabilmente la più antica. Solo a seguito dell’Editto di Milano del 313 d. C., emanato dall’imperatore Costantino, la primigenia chiesetta si poté dotare di un altare e di suppellettili sacre. Il tempo della persecuzione era, infatti, ormai finito. La chiesa di Santa Maria di Nazareth, come si chiamava in origine, fu anche tra le prime in Europa ad essere dedicata alla madre Gesù.
LE CONTINUE RICOSTRUZIONI – Il tempo e le varie dominazioni che si sono susseguite nel corso dei secoli hanno cambiato radicalmente l’impianto originario della chiesa dove già nel XVI secolo si officiava in onore del santo di Thiene. Basti pensare che durante la dominazione araba la struttura sovrastante la grotta fu del tutto demolita e quello che rimaneva fu abbandonato. La chiesa fu poi ricostruita intorno all’XI secolo, ma nel corso degli anni successivi fu comunque soggetta all’azione dell’uomo e degli agenti naturali, come il terremoto del 1693, che ne mutarono profondamente l’assetto. Oggi, la sua posizione sembra come d’intralcio a coloro i quali si trovino a passare per la zona sia per la mancata valorizzazione sia perché la sua storia e il suo contenuto sono stati in parte spazzati via dalla mente dei cittadini catanesi. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che la famosa “grotta” è all’origine di quella civiltà che sviluppandosi ci ha fornito le basi culturali del nostro tempo.