Tra precarietà e paura del futuro: il lavoro e la “Generazione 18”
Quello tra giovani e lavoro è un binomio instabile, anche (e soprattutto) per la “Generazione 18”, cioè per i “figli” del nuovo millennio. I dati della nostra indagine ci dicono che il 62,7% degli intervistati, finora, non ha mai svolto attività lavorative, mentre solo il 37,3% sì, orientandosi a lavori privi di prospettiva.
Lavori precari. Si tratta d’impieghi “in affitto”, facenti forza su un contratto atipico che, quando stipulato, permette alle imprese di utilizzare temporaneamente i lavoratori assunti da apposite agenzie fornitrici e intermediarie.
Ma la Spada di Damocle pende sulla notevole diffusione del lavoro in nero, privo di garanzie amministrative perché non riconosciuto da un atto formale e, dunque, fantasma.
Che lavori hanno svolto? La maggior parte dei giovani lavoratori che ha partecipato all’inchiesta si è dedicata chi all’ambito della ristorazione indossando i panni da chef, aiuto cuoco, banconista, cameriere, gelataio, aiuto rosticciere e aiuto pizzaiolo, ma non tutti sono stati inquadrati. C’è chi ha gestito la sala in un hotel, chi ha fatto da guida turistica, ma anche da baby-sitter, badante e insegnante privato. Eppure c’è anche chi si è distinto, investendo sul campo dell’informatica e dei social media. D’altronde il mondo del lavoro, oggi più di ieri, è caratterizzato da flessibilità e cambiamento.
Come cambia il mondo del lavoro? Come riportato dal Corriere della Sera nell’inchiesta della giornalista Milena Gabanelli «all’inizio degli anni Duemila la figura del social media manager, lo specialista nella gestione delle pagine Facebook o Instagram, non compariva nei Cv. Chi dieci anni fa ha investito in un corso di formazione e ha sperimentato il linguaggio dei social network oggi può dirsi un professionista». Sempre ispirandoci a quanto raccolto dalla Gabanelli, c’è un dato su cui è necessario iniziare a ragionare da subito ed è fornito dallo studio del “World Economic Forum”, che prevede come il 65% dei bambini di età scolare, una volta diplomati o laureati, svolgeranno lavori all’oggi inesistenti. Il mercato del lavoro è in rapida trasformazione, con un turnover di competenze a livello mondiale. La parola chiave è certamente flessibilità: nelle forme contrattuali, ma anche nelle mansioni. Peccato, però, che “flessibilità” faccia spesso rima con “instabilità” e “precarietà”, come già raccontato nella nostra inchiesta circa la generazione dei “Neet”: Not in employment, education or training. Cioè di chi, in giovane età, “non ha un impiego, non frequenta una scuola né un corso di formazione o di aggiornamento professionale”.