«Trasmettere ma non imporre»: Luigi Ballerini e l’educazione in offerta
Non più sottrazione e logica del controllo: lo psicanalista milanese, per entrare in contatto con la generazione più sorvegliata e, paradossalmente, più sola di sempre, invita i genitori dell’era digitale ad essere affidatari e ad «offrire occasioni di realtà piacevole e vincente»
[dropcap]«[/dropcap][dropcap]L[/dropcap]a nostra gioventù ama il lusso, è maleducata, si burla delle autorità e non ha alcun rispetto degli anziani»; «Non c’è più alcuna speranza per l’avvenire del nostro paese se la gioventù di oggi prenderà il potere domani»; «Il nostro mondo ha raggiunto uno stadio critico, i ragazzi non ascoltano più i loro genitori»; «I giovani sono maligni e pigri, non saranno mai come la gioventù di una volta». Sono le amarezze dei nostri nonni? Le lamentele dei ’90 ai 2000? No, sono i rimproveri di Socrate, di Esiodo, di un sacerdote dell’antico Egitto e dei babilonesi: «Questo per dire che è 5 mila anni che i giovani non ci piacciono. Insomma, poco di nuovo sotto il sole». A parlare è il milanese Luigi Ballerini, psicanalista e scrittore per ragazzi molto avvezzo a trattare con loro. Cosa lo ha spinto nel giorno di Sant’Ambrogio, prezioso per i lombardi, a lasciare l’albero di Natale semi-sfatto? La vocazione da genitore che unita a quella da psicanalista fanno la combo perfetta. Nè dinosauri, né ingenui. Educare i figli nell’era digitale è il titolo, ispirato al suo omonimo libro edito da San paolo (il primo di altri due che vedranno la stampa il prossimo anno), degli incontri tenuti all’Istituto F. Ventorino di Catania, uno con il fronte educativo, l’altro, «quello più bello» ha detto, con i ragazzi del plesso.
IPOTTY O MOTOROLA STARTAC? «Dinosauri e ingenui sono due estremi di genitore ed educatore. Da una parte il si stava meglio prima, che rallenta l’ingresso della tecnologia; dall’altra, chi dà in mano i suoi prodotti senza indugi». Esempio del secondo caso è iPotty: un vasino per imparare a fare la cacca guardando l’iPad: «L’idea è: ti distraggo facendoti guardare un cartone, mentre i più avanzati faranno vedere un video tutorial». Per lo scrittore dobbiamo rivedere l’idea di distrazione: «Il bambino sta facendo un gran lavoro di scoperta del suo corpo e noi lo distraiamo?». Lo stesso effetto baby-sitter (com’era la tv) è utilizzato quando si è in macchina o quando si aspetta al ristorante da genitori che anni dopo non riescono a distoglierli da uno schermo: «Ma chi è che li ha istruiti a passare così il tempo libero?». Esempio di dinosauro è invece la mamma di un ragazzo che un giorno è venuta a trovare Ballerini in studio: dopo sudate suppliche gli aveva promesso il telefono per Natale della terza media. «A gennaio lo rivedo: Motorola Startac e musone».
FRA CONTROLLO E ABBANDONO. Il caso di questa mamma (più sadica che dinosauro) non è atipico: «Molti genitori sono convinti di controllare i figli togliendo le sim, ma non capiscono che questi si disegnano mappe dei Wi-Fi della città». Allo stesso modo, «sono 5 milioni gli adolescenti italiani su Tik Tok, molti delle medie. Noi non sappiamo manco cosa sia e stiamo a discutere del permesso per Facebook». Per non parlare delle serie tv come The End of the F***ing World: «Episodi di 21 minuti, il tempo di andare a scuola e della ricreazione, senza che i genitori se ne accorgano». Che significa tutto questo? «Che la logica del controllo tiene fino a un po’, non basta». Per Ballerini «il paradosso della generazione di ora è che è la più controllata e la più abbandonata. Pensate cosa succede se per mezz’ora il figlio non si fa sentire o non si collega».
OCCASIONI DI OFFRIRE. Che fare allora? È finito il tempo dell’educazione-sottrazione: «Qual è il nesso fra farmi venire voglia di studiare inglese e non mandarmi a calcio? In campo imparo ad essere generoso, leale, apprendo il valore della fatica. Perché dobbiamo toglierlo?» Ballerini se lo chiede e lo chiede ai presenti con un brillante espediente dialogico: quando parla dei bambini e dei ragazzi usa la prima persona, per aiutarci a ricordare che significa essere piccoli. Vale anche per Fortnite e simili: «Il problema è quando i videogiochi mi mangiano la realtà e inizio a non uscire. E perché succede? Più gioco più divento bravo, più mi sento bravo. Dall’altra parte vedo invece una realtà difficile. Quale è più probabile che io scelga?». Dobbiamo rendere la realtà masticabile. «Altro che togliere: bisogna offrire occasioni di realtà vincente, piacevole e interessante». E per farlo viene chiesto ai genitori di essere meno spaventati e meno soli: «Aprire le case, conoscersi fra loro, invitare i figli degli altri, favorendo la conoscenza di realtà diverse». Così si cresce con ragazzi capaci di affrontare umanamente rete e digitale.
GENITORI AFFIDATARI. «E vieni qua, dammi un bacio, ma come sei diventato scontroso! Dobbiamo rispettare le loro richieste di pudore». E aggiunge: «Ecco, questo è il momento più desiderabile, quando non ci fanno più quei lavoretti orribili di Natale col rotolo della carta igienica. Non c’è cosa più bella che godere dello spettacolo di vederli vivere la loro vita». L’invito allora è a scoprirci genitori affidatari. «I genitori affidatari accompagnano i figli per un tempo, quello necessario, fin quando non camminano da uomini e da donne liberi nel mondo con il bagaglio che abbiamo loro preparato ma che scelgono loro di mettere in spalla. Trasmettere non è imporre. E l’affido che va bene non diventa adozione».